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Le sezioni normative : I) Criteri costituzionali , Il) Norma antecedente, III) Normative sulle investigazioni di difesa. Attività del difensore, I) Criteri costituzionali. Il criterio con cui la Costituzione prevede la determinazione dell attuale processo penale è il cd. Giusto processo.
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Un simile criterio già si evidenziava, se non esplicitamente, nella costituzione prima della riformulazione dell art. 111 (I. cost. 2/1999). La costituzione del 1948, posizionandosi in una struttura processuale tipica del regime totalitario, prevedeva un sistema processuale penale contraddistinto dal cd "garantismo inquisitorio" (= applicazione di garanzie che andassero a controbilanciare lo stampo inquisitorio dell azione processuale penale prescritto dal Codice Rocco). Con la riformulazione dell art. 111 il sistema accusatorio è divenuto costituzionale con l applicazione del criterio del "giusto" processo.
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Dunque, vicino ai criteri già inseriti come quello della intangibilità della difesa e della presunzione di non colpevolezza è stato applicato il criterio del giusto processo contraddistinto da: ragionevole durata e diritto del processato ad essere messo nelle condizioni di sapere immediatamente quelle che sono le accuse nei suoi confronti; livello paritario tra accusa e difesa di fronte ad un giudice terzo e imparziale diritto di avere tempo a disposizione ed essere in grado di procedere con l azione di difesa diritto di ottenere con qualsiasi strumento di prova a favore dell indagato nelle stesse modalità dell accusa contraddittorio nella elaborazione della prova.
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Normativa entrata in vigore il 6 aprile 2001 con l attuazione legislativa del 111. II) Normativa in vigore Prima del C.P.P. Vassalli (salvo eccezione per una breve e felice parentesi del codice di procedimento penale per il Regno d Italia del 1807 in cui c era una normativa che stabiliva che: i test a discolpa "Verranno soggetti ad interrogatorio dopo le testimonianze contro gli accusati sulla base delle indagini effettuate dall accusato o dal suo difensore".
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E la veloce esperienza del codice del 13 di preciso stampo accusatorio), l azione di investigazione e la prova erano sottoposte ad un rigido controllo pubblico. Gli investigatori privati ottenevano il permesso si svolgere attività di investigazioni in maniera limitata ai reati che potevano essere perseguiti tramite querela, soltanto nella circostanza in cui la medesima fosse stata presentata.
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Pena l accusa per usurpazione di pubblica attività. L azione del difensore aveva carattere di confutazione: in merito a prescrizioni logiche aveva l obbligo di contraddire soltanto la ricostruzione degli eventi presentati dal p.m.
Con il codice Vassalli si gettarono le basi per quelle che attualmente si considerano le azioni del difensore. Venne inserito anche il diritto alla prova (art. 190 C.P.P.), considerato dalla disciplina come "il diritto dell indagato/imputato di provare la propria difesa".
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Si era di fronte, tuttavia, ad una materia ingenua, che proveniva dal contesto inquisitorio proprio della normativa antecedente. Bisogna evidenziare che l azione del difensore veniva prescritta da normative connesse alle disposizioni: art. 38 Disp. atto (possibilità dei difensori di esercitare il diritto alla prova) e art. 222 Disp. coord. (investigatori a livello privato).
Principalmente, l art. 38 disp. atto concedeva al difensore la possibilità di attuare azioni di investigazioni per l individuazione degli elementi di prova a favore del proprio cliente e di parlare con i soggetti che potessero, a tal proposito, dare notizie utili in merito. Comunque, le azioni di difesa mancavano di elementi tipizzanti.
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Niente si asseriva circa i modi di acquisizione delle indagini di investigazione, del mantenimento, della documentazione e del valore processuale dei medesimi. La dottrina giurisprudenziale aveva, in questo modo, larga facilità nel depotenziamento della "spendibilità" processuale. Riforma del 1995. Un simile intervento ebbe un rilievo concreto.
Si riformulò l art. 95 che prevedeva la limitazione del ruolo del difensore pure del soggetto offesa di mostrare in maniera diretta all autorità giudiziaria le prove che considerava importanti per il giudizio.
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Ma non si faceva alcun riferimento ad una normativa in merito alla acquisizione degli elementi di prova e della loro utilizzazione all interno dell azione processuale. Comunque questa riforma fu rilevante proprio per il fatto di inserire nel contesto giudiziario e in quello difensivo un criterio non più connesso al bisogno di incanalare le prove mediante il pubblico ministero E, proprio in questo contesto, si fece riferimento ad atti documentari dell azione di difesa, non come documentazione vera e propria (costitutiva di un evento), che si presenta al di fuori della procedura, ma come documentazione che costituisce l azione, ovvero l azione procedurale.
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Restava, tuttavia, senza alcuna modifica il "monopolio investigativo" del P.M. ed il "diritto alla prova era attribuito al difensore solo per fini puramente dibattimentali". Va tenuto presente che l assenza di una tipicità delle azioni investigazioni di difesa faceva riferimento ad una specifica volontà della legge: al p.m. si riconosceva il ruolo di organo propulsore del processo, invece al difensore si attribuiva un ruolo di vigilanza sull attività del p.m., a garanzia di quelli che dovevano essere i diritti da riconoscere all imputato/indagato. La disciplina giurisprudenziale motivava siffatta posizione riferendosi alla "presunzione di completezza" delle indagini a livello preliminare prescritta dall art. 358 C.P.P.
Questa normativa, disponeva nei confronti del p. m. l obbligo delle investigazioni pure nei riguardi dell imputato, stabilita a livello fattivo il monopolio dell azione investigativa in seno al Procuratore della Repubblica.
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